Intervista a GIANLUCA FOLI'

Intervista a Gianluca Folì a cura di Youthless fanzine


Cosa ti aspetti da questa edizione del Pic Nic Festival?
Caldo a parte, la bella compagnia e l’allegria della scorsa edizione.

Come si è evoluta negli anni la tua passione per il disegno? Hai sempre saputo che sarebbe diventata la tua professione o volevi fare altro ad un certo punto della tua vita?
L’ho sempre saputo e ne ho avuto sempre paura. Ma è il mio modo di essere, di vivere la vita. Non se ne fa a meno, c’è già quando nasci, come il cuore il fegato o lo stomaco. Ci cresci insieme, lo scopri giorno per giorno, anno per anno. Forse puoi decidere se approfondirlo e diventare un professionista ma il modo con cui percepisci il mondo è e rimarrà sempre legato al modo in cui lo puoi riprodurre.

Il tuo primo libro s’intitola “L’Orso con la spada” che è uscito nel 2008, come lo definiresti per chi non l’ha letto? Di che parla la storia e come nasce la collaborazione con Davide Calì (autore della storia, ndp)?
Una favolosa parabola sulla responsabilità e le relative conseguenze delle nostre azioni. Lo leggono i grandi per ricordarselo, lo leggono i bambini per impararlo. La collaborazione con Davide è nata in maniera del tutto casuale e divertente. Questo è l’ aneddoto: io conoscevo il lavoro di Davide come autore ed illustratore ma lui non conosceva il mio. Quando ZOOlibri gli disse che avevano trovato l’illustratore giusto per il suo libro dell’orso, immediatamente andò a vedere il mio sito. Cinque minuti dopo scriveva alla ZOOlibri “Che cosa c’entra costui con il mio libro?” Poi ci siamo conosciuti ed a fine lavoro ha capito il motivo della loro scelta.

Quando disegni, cosa ti ispira? Come nascono le tue illustrazioni? Segui un metodo di lavoro?
Non ho avuto una formazione classica se si escludono gli studi all’istituto d’arte del mio paese. Mi sono trovato a dover decidere quale valore il disegno doveva avere per me e quello che volevo trovare in esso. Ho dato un'occhiata in giro, liberamente, a partire dalle pitture rupestri, al rinascimento, all’espressionismo, all’Età Moderna, fino ai fumetti più popolari e di quegli intellettuali d’Italia, Francia e Giappone. Io non volevo assomigliare a nessuno in particolare. Poi ho iniziato il mio viaggio seguendo l’intuizione, la tranquillità di un vento di montagna, una forte emozione, una sfida con me stesso, un piacere, un bisogno..ogni cosa può diventare disegno. È un tratto unico che dallo stomaco arriva diretto al foglio, passando per una forma che è la mia unica grammatica. Ogni colore è ispirato e ogni pennellata è un desiderio. Seguo l’istinto e la rigidità di alcuni passaggi come l’onda di bozze, la scelta, il ripasso ed il definitivo.

Oltre ad illustrare, scrivi anche i testi? Se no, pensi che un giorno lo farai?
No, non ancora. Mi piacerebbe scrivere qualche storia ed illustrarla ma ancora non mi sento pronto. Ci sarà modo e tempo per farlo.


Come si può definire uno stile nel campo del disegno? Dall’esterno c’è qualcuno che ti cataloga in un certo modo, oppure no? Accade mai come la classificazione di un genere musicale?
Ti dirò che ogni tanto qualcuno prova a darmi un’etichetta o un genere in particolare ma con pessimi risultati. Sono un illustratore con uno stile solido e riconoscibile che ha influenze generiche ed una concezione personale del modo in cui si riempie uno spazio. E’ quello che succede nella musica moderna, dove le contaminazioni sono talmente elevate che un genere non ha più radici specifiche e si finisce col tempo per crearne uno nuovo. Non è ancora il mio caso ma lavorerò sodo per questo nei prossimi anni.

Nel 2008 hai vinto nell’ordine: American illustrations 2008, Applied Arts 2008, White Rave 2008 e il CJBook 2008. Come si arriva a vincere tutti questi premi? Quanto lavoro c’è dietro questi risultati? Di cosa sei più orgoglioso e perché?
Vorrei chiarire prima di rispondere che AI e l’Applied Arts sono degli annual e quindi la selezione è già di per se un riconoscimento del proprio lavoro. Gli annual sono un arma a doppio taglio: se non ti prendono ti fanno arrabbiare un sacco e se ti prendono ti sembra normale.!Ahha!
Scherzi a parte, il lavoro svolto sta per cominciare ad acquisire un po’ di visibilità iniziale, è stato duro e tutt’ora non si abbassa. Ci sono molti sacrifici dietro, sia economici che personali. Molte frustrazioni e punti morti dove ho rischiato di arenarmi. In questi anni l’orgoglio più grande è quello di essere arrivato a questo buon punto di partenza, con i miei lavori, la mia ricerca e la mia onestà.

Come sono nate le collaborazioni con Mondadori e Feltrinelli oppure con riviste importanti come Rolling Stone USA?
030 illustrator, un libro realizzato da Davide Longaretti, raccoglieva alcuni dei maggiori (o migliori) illustratori under 30 in Italia. Ebbe un gran successo e come tutte le cose fatte bene, i sui frutti furono contatti nuovi tra cui Feltrinelli e successivamente, dopo il primo lavoro con loro, arrivò la Mondadori. Per l’America invece i contatti più importanti li trova il mio agente.

In cosa consiste poi il tuo lavoro di illustratore editoriale per LA Times o per il Boston Globe?
In America le agenzie di rappresentanza sono una vera e propria istituzione. Hanno contatti con le maggiori testate editoriali e pubblicitarie. Ho lavorato per molte riviste e quotidiani americani tra cui appunto LA Times e Boston Globe. Per loro accompagno articoli o rubriche, semplicemente.

Viste le tue tante collaborazioni in giro per il mondo, possiamo immaginarti anche come un buon giramondo? Ti piace viaggiare e conoscere nuovi usi e costumi? Qual è il viaggio che hai fatto e che ti è rimasto nel cuore?
Invece no. Non viaggio quasi mai per lavoro. C’è internet! Ogni tanto mi passano a trovare i clienti esteri o gli agenti che vengono a Roma in vacanza. Io preferisco partire per staccare la spina, riempirmi gli occhi di novità e stimoli per tornare carico. Quando posso, lavoro e finanze permettendo mi muovo con piacere per l’Italia. L’estero lo lascio quasi sempre per i periodi estivi. Il viaggio che porto nel cuore è il mio primo volo estero verso l’Olanda. Avevo 20 anni, un gruppo di amici e tanta voglia di scoprire il mondo.

E la musica che ruolo ricopre nella tua vita? Se ricopre un ruolo….ovvio.
Fondamentale! Lavoro quasi sempre con musica di sottofondo di vari generi ma tutti prevalentemente con incursioni elettroniche (Squarepusher, Lali Puna, Tujiko Noriko, Board of Canada tanto per citarne alcuni).
La musica mi aiuta a ricordare cosa lasciare in una composizione. Quando disegno liberamente, mi piace cercare di creare fra l’osservatore ed il mio pezzo lo stesso legame evocativo che crea la musica. Basta ascoltarne poche note e alla mente ritornano ricordi passati e dimenticati associati ad un periodo. Dolce nostalgia che ci riporta ad un amore, ad una partenza, ad un lavoro. In questo la musica ne è veramente gran maestra.

A cosa stai lavorando al momento?
Mi preparo ad affrontare il mio terzo libro con la ZOOlibri ed è un libro di narrativa basato su un classico di Goethe. A contorno di questo, tanti altri piccoli progetti personali che vedranno la luce nel mese di settembre.

Hai mai abbandonato progetti o idee che sono ancora nel cassetto? Se sì, li riprenderai mai fuori per completarli?
Si... di progetti lost ‘n’ found ne ho molti ma ne ho uno in particolare su cui giro intorno da un paio d’anni e che ancora non sono riuscito ad affrontare. Credo di non essere ancora maturo per lui. Si cresce con cautela…

Commenti